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Il superamento del limite

Mi chiamo Valentina, ho quasi 39 anni, lavoro come psicologa psicoterapeuta relazionale e familiare, ma ho anche un impiego part time, sono mamma di due bambini che adoro e dalla nascita convivo con l’assenza della mano sinistra ( agenesia dell’avambraccio). Ecco...in questa breve presentazione c’è un mondo profondo e delicato da raccontare


Oggi siamo abituati a pensare ai limiti in un’accezione negativa. Chi come me nasce con un handicap, sa quanto sia difficile inserirsi in una società dove la diversità suscita ancora tanta paura e pregiudizio. So per esperienza diretta, ma anche grazie alla mia attività clinica, che spingersi oltre quello che non è scontato, è un lavoro che accompagna tutta la vita e richiede una forte capacità di adattamento. Una persona con una mano sola, può imparare ad allacciarsi le scarpe, ma dovrà trovare delle strategie differenti da quelle utilizzate dal resto del mondo.

Fin da piccola, mi sono dovuta confrontare con una ricerca continua di soluzioni per superare gli ostacoli che mi si ponevano. Quando ho deciso d’imparare ad andare in bicicletta senza rotelle, ho dovuto farlo di nascosto da mia madre, con la bici di un mio amichetto più piccolo, perché lei aveva paura per me e non era ancora pronta a lasciarmi rischiare. Vengo da una famiglia che mi è sempre stata accanto, protettiva, che è cresciuta insieme a me rispetto a come affrontare la vita senza una mano. Si parla degli anni 80 ed allora non c’erano tutte le possibilità di oggi. Era difficile parlare di disabilità senza sentire il peso del giudizio e dell’emarginazione. Per fortuna, sono sempre stata una persona tenace e quando decidevo di fare qualcosa, nessuno mi poteva fermare. Ho imparato a sciare, a suonare il piano, a nuotare, a guidare; oggi vado a lavoro in bicicletta, accompagno i miei bambini a scuola (uno per volta!), gestisco anche un lavoro di sportello con il grande stupore di tutti, anche di chi mi ha assunta! Tutto questo per raccontare quanto sia importante non fermarsi di fronte a quello che per gli altri sembra impossibile.

Quante volte ci siamo detti “non posso”, “non ce la faccio”, “non è per me”. Queste sono delle risposte di difesa inconsce create per proteggersi dal fallimento, dal senso di inadeguatezza, dal giudizio.


Poi è arrivata anche l'esperienza con lo yoga anche se non è stata immediata. Dentro di me è nato prima un desiderio, una curiosità che è cresciuta lentamente e si è intensificata durante il lockdown. E come ogni essere umano, più volte mi è capitato di pensare che se mi fossi iscritta ad un corso, non sarei riuscita a stare al passo con gli altri. La paura di rimanere delusa, di non trovare la giusta guida, che mi avrebbe supportata ad andare oltre i miei limiti fisici, mi hanno fatto prima desistere e successivamente riflettere. Mi stavo autolimitando senza neanche provarci davvero. Finché l’anno scorso, in un caldo pomeriggio estivo, mi sono fatta coraggio ed ho chiesto alla mia amica Viola di tentare quello che allora mi sembrava impossibile. La sua risposta entusiasta e accogliente, mi hanno permesso di vivere quell’esperienza con serenità ed apertura. Il senso di benessere e di pace, ma anche di rivalsa, mi hanno confermato quello di cui sono pienamente convinta: si può vivere sentendosi interi e completi, anche nella mancanza.

La paura di fallire e di essere giudicati, non possono condizionare la nostra libertà, la voglia di osare e di fare nuove esperienze. Se pensate di non riuscire a fare qualcosa, provate a chiedervi se vi state ponendo la domanda giusta: Voglio davvero fare questa cosa? Perché ho paura di non riuscire? Cosa significa per me fallire? Ciò che vi trasmette benessere e vi rende felici, merita sempre lo sforzo di tentare.

Molto spesso siamo NOI ad essere i giudici più temibili da allontanare.


“Le salite sono sempre faticose, ma quello che lo sguardo può ammirare dalla cima è infinito”.


di Valentina Martorano

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